Un governo ignaro di rinnovabili e clima

Se il buongiorno si vede dal mattino, per il settore delle rinnovabili e dell’efficienza energetica non tira proprio un vento a favore, vista la nomina dei due ministri ‘competenti’ in materia da parte del neo presidente del consiglio Matteo Renzi. E’ pur vero che le valutazioni sulle persone si fanno sulla base di atti concreti, ma è proprio la direzione presa con la scelta dei due responsabili ai dicasteri Sviluppo e Ambiente che non sembra rendere centrale l’industria low carbon e le questioni ecologiche. Intendiamoci, non che il recente passato sia stato un alternarsi di ministri folgorati sulla via della green economy. Dove non hanno fatto disastri (più o meno consapevoli) per questi comparti, nel migliore dei casi sono stati ininfluenti (almeno il ministro Orlando si era speso per obiettivi distinti e vincolanti per rinnovabili ed efficienza energetica al 2030).

Al ministero dello Sviluppo Economico ci sarà Federica Guidi la cui nomina già in queste ore sta diventando un fattore di criticità del nuovo governo per i conflitti di interesse di cui è portatrice. Figlia dell’industriale Guildalberto Guidi, storico rappresentante della Confindustria, laureata in giurisprudenza, è stata presidente dal 2008 al 2011 dei Giovani imprenditori di Confindustria. Tanto per capirci, parliamo di quella parte di Confindustria che avallava l’idea dell’ad di Enel, Fulvio Conti, dicostruire 4 o 5 centrali nucleari in Italia. Quel ritorno al nucleare avrebbe portato, a regime, almeno altri 60 TWh all’anno. Alla faccia della storica overcapacity. Alla luce degli obiettivi 2020 e di quelli che poi sarebbero stati definiti al 2030, del lento declino della produzione domestica già in atto e di una domanda che dal 2011 è in costante calo (con circa 108 TWh su 318 coperti da rinnovabili nel 2013), ci saremmo dovuti sorbire un enorme surplus di elettricità, oltre i costi e i rischi di quel piano, in fondo solo per dare ossigeno ai soliti pochi appaltatori dell’impresa. Ricordiamocelo sempre quando li sentiamo in coro pontificare sui costi delle rinnovabili unica causa, a loro dire, del caro bolletta e sulle illuminanti visioni dell’energia del futuro.

In un’intervista a Il Tempo nel giugno del 2008, la neo ministra Guidi affermava: “Abbiamo le centrali nucleari a pochi chilometri dai nostri confini. Dunque non farle sul nostro territorio è un falso problema. C’è stato un terremoto in Giappone e il sistema di sicurezza delle centrali ha tenuto. Inoltre pur non essendo esperta del settore sento parlare di nucleare di terza o quarta generazione e di un livello di prevenzione del rischio ancora più elevato. Questo può bastare per dare una risposta a un costo dell’energia che in Italia è più alto del 30% rispetto ai partner europei. Un ultimo aspetto è che possiamo rientrare in pista anche dal punto di vista commerciale in un settore in cui eravamo leader”. Ecco, non è esperta in materia. Per una ministra che dovrebbe essere un tecnico non è un bel biglietto da visita.

Dopo il giuramento al Quirinale, correttamente Federica Guidi si è dimessa dalle cariche operative della società di famiglia, la Ducati Energia, ma resta lampante il conflitto d’interessi. La sua azienda opera in tutti i settori controllati dal suo Ministero: energia elettrica, eolico, meccanica di precisione, eccetera. E inoltre, i suoi prodotti sono venduti a società pubbliche di cui lo Stato è ancora azionista come Enel, Poste o Ferrovie dello Stato.

Solo per fare un esempio la Ducati Energia è tra le aziende in gara, insieme ad altre inclusa la turca Karsan, per l’acquisto della Bredamenarinibus, la più importante azienda italiana produttrice di autobus che deve essere ceduta da Finmeccanica (controllata al 30% dallo Stato). La Guidi uscirà dalla stanza del consiglio dei ministri, come diceva di fare Berlusconi, quando all’ordine del giorno c’era da discutere di uno dei suoi molteplici affari privati? Non prendiamoci in giro. Siamo curiosi di sapere cosa dirà l’Antitrust sulla posizione della neo-ministra.

Il ‘premier rottamatore’ aveva per questo dicastero due altre cartucce: l’amministratore delegato delle Ferrovie Mauro Moretti e Luca Cordero di Montezemolo. Non proprio due figure dalla riconosciuta nomea verde.

Pare che essere esperti non sia una condizione fondamentale per la scelta dei ministri e il governo Renzi non si allontana da questa linea.

All’ambiente infatti c’è Gian Luca Galletti, laureato in scienze economiche e commerciali, succede ad Andrea Orlando, a sua volta nominato ministro della Giustizia. Appartenente all’Udc, si è occupato di finanzia pubblica, ma mai di tematiche ambientali. Insomma c’era da assegnare un ministero al gruppo parlamentare di Casini ed è stato scelto quello meno conteso, in perfetto stile prima repubblica. E questo dà la cifra del richiamo per il nuovo premier dei temi ambientali.

I due ministeri sono stati assegnati a due personalità di centro-destra, in un governo che dovrebbe avere soprattutto un profilo di centro-sinistra (altro conflitto?) e rispondere a quella sfida di totale cambiamento di cui tanto parla l’ex sindaco di Firenze. Ma a prescindere dalla loro collocazione politica, che lascia il tempo che trova visti i recenti risultati bipartisan, molti ricordano che Renzi nei suoi famosi discorsi alla Leopolda dava spesso grande rilevanza ai temi ambientali, alle energie rinnovabili, si diceva contrario alle grandi opere inutili e alla cementificazione del territorio. Quando si parla di fatti! Queste sono scelte a prima vista in forte controtendenza, un puro compromesso per chi afferma di voler rivoluzionare il paese.

Aspettiamo ovviamente di essere smentiti, ma il rischio di ritrovarsi, al solito, con ministeri che si assumono il ruolo di meri fiancheggiatori dei grandi gruppi industriali ed energetici è evidente.

24 febbraio 2014
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