Buongiorno a tutti e tutte.
Dopo il 16 settembre 2008 e la caduta della Lehman Brothers, è più difficile dire che c’è una buona notizia nel mondo. Quella cui abbiamo assistito, era solo la prima fase della crisi e subito dopo è arrivata una seconda fase perché la governance mondiale non è stata cambiata né a livello internazionale né nazionale. Hanno salvato la finanza, hanno speso una somma astronomica (23mila miliardi di dollari) per salvare l’economia. E poi è iniziata la fase dell’austerità. Oggi purtroppo assistiamo alla rivincita, alla rinascita dei banchieri. Una società che vive di crescita la cosa peggiore che possa accadere è non crescita. Ma oggi è la realtà. I governo obbedienti alle ingiunzioni dei mercati finanziari hanno deciso di far pagare ai popoli il salvataggio delle banche. La situazione della Grecia ne è un esempio evidente.
Ci sarà però una terza fase.
E questa è la buona notizia: la crisi non è finita, siamo solo all’inizio. E spero che sarà al fine della società della crescita. Unica possibilità per costruire una società di decrescita severa è una crisi profonda.
Questo programma della destra, l’austerità, fa pesare la minaccia deflazionistica ed è un vicolo cieco del rigore, proposta a Toronto dalla Merkel. Si fonda sulla distruzione del potere di acquisto. Subito dopo abbiamo assistito a una diminuzione totale dei salari mondiali (ad esempio in Grecia, Portogallo, Francia) in un concorso al ribasso. Questa austerità è la cosa più terribile per il mondo. Si tratta solo di non fare crescita in una società formata per la crescita. Ci saranno sempre meno crediti per la salute, la scuola, i servizi pubblici in generale.
La proposta della sinistra è quella di rilanciare la crescita. Ma questa è la vecchia ricetta keynesiana. Questa terapia non è più sopportabile perché il pianeta non può più accettare questa distruzione. I piccoli passi fatti nel rispetto dell’ambiente si sono dimenticati com’è stato dimostrato a Stoccolma. Questo rilancio è molto illusorio e fallace per l’occupazione. Se ci sarà una ripresa sarà solo speculativa.
C’è ancora una cosa più terribile. La sintesi cui si è optato è questa: rilancio e austerità. Nell’incontro di Toronto i capi di stato si sono messi d’accordo su questo punto di vista.
Per i nostri governi di destra si tratta di rilancio per il capitale e austerità per tutti. Tutto questo, dicono, servirà alla ripresa. Per la sinistra, purtroppo, non sarebbe molto diverso.
Basta osservare quanto è successo in Grecia con un governo di sinistra, dove sono state scelte politiche di austerità tipiche della destra. E la stessa situazione avviene nella Spagna di Zapatero.
Qual è la nostra soluzione per risolvere il problema? Come potremmo uscire dal problema del debito pubblico se ci fosse chiesto di governare un Paese?
Nell’immediato la soluzione sarebbe decretare la bancarotta dello Stato ma questo creerebbe un problema di relazioni con gli altri Paesi e i debitori. Sarebbe meglio decidere una bancarotta parziale e negoziare una riconversione del debito e delle misure condensatrici per i piccoli portatori. Proponiamo un prelievo sui benefici delle banche. Proponiamo di ritornare al diritto di emissione di denaro anche con la prospettiva di provocare un leggero aumento d’inflazione per favorire l’auspicabile eutanasia del sistema.
Per la decrescita il primo obiettivo di transizione dovrebbe essere di restaurare la piena occupazione per rimediare alla penuria di una parte del popolo. Infine, la riduzione drastica del tempo di lavoro: lavorare meno per lavorare tutti e per vivere meglio. Questa è la cosa fondamentale. Questo programma della decrescita non è politico ma è la concezione politica di una società alternativa. La società della decrescita è una società di “abbondanza frugale”. La frugalità ritrovata permette di ricostruire una società fondata sulla riduzione della dipendenza dal mercato. Si tratta di riuscire a “re-incastonare” il dominio dell’economia nel sociale e nel politico vero, non quello che conosciamo oggi.
Se la base economica è la bancarotta dello Stato (vedi Argentina) e la svalutazione competitiva (l’Italia ne ha vissuto per decenni) + la libertà di emettere moneta (ma LA GUERRA TRA LE MONETE E’ GIA’ IN CORSO e la fanno le grandi economie, vedi la Cina) non ci vedo niente di buono per i lavoratori. La piena occupazione e la riduzione di orario sono comunuque buoni obiettivi ed è bene che ogni movimento ne discuta con le organizzazioni sindacali.
Sono perfettamente consapevole del fatto che il pianeta è uno e che 250 anni di sviluppo industriale l’hanno portato sull’orlo del collasso. All’interno di questi limiti, assistiamo però anche alla globalizzazione delle tecniche produttive, quindi alla perdita del loro monopolio e dei vantaggi conseguenti da parte del cosiddetto occidente. Gran parte della ns. industria è o andrà fuori mercato, quindi compito della sinistra è di avviare verso una riconversione produttiva che apra una nuova fase, non drammatica ma felice. Sono stufo di essere una vox clamans in deserto. C’è qualcuno che la pensa come me? gcengia@ibero.it