Mario Agostinelli, Il manifesto-Extraterrestre, Novembre 2019
“Senza gas-serra il nostro pianeta sarebbe una palla di ghiaccio congelata, mentre con un aumento incontrollato di gas-serra la Terra sarebbe invivibile”. Un’asserzione inconfutabile, ma non risolutiva del conflitto anche culturale con cui si affronta l’emergenza climatica. Per tacciare il negazionismo più ostinato occorre un livello di convincimento tale da connettere un generico allarme per il futuro con la attendibilità delle previsioni del mondo scientifico. Si potrebbero, cioè, collegare le nostre percezioni quotidiane, inviate dai sensi alla mente e fissate nella memoria, con un’informazione accessibile anche a non specialisti e che faccia opera di mediazione con l’astrazione e l’incorporeità dei modelli con cui la scienza interpreta con successo la natura? Da qualche parte si dovrà pure tenere in conto che essi prevedono comportamenti del mondo microscopico in netto contrasto con la realtà così come ci appare. Se le due culture – scienza ed umanesimo – si divaricano sempre più sarà difficile recuperare un metodo interdisciplinare, più che mai indispensabile per affrontare le sfide delle nuove generazioni. Trovare il giusto equilibrio tra l’interesse filosofico, sociologico, letterario, artistico per l’essere umano e la descrizione scientifica della biosfera è probabilmente il compito educativo più pressante nel tempo che viene a mancare. Nel caso dell’emergenza climatica, ritengo che quell’equilibrio si possa trovare nella messa in cortocircuito dei lenti neuroni del cervello umano con la velocissima luce del Sole e la pigra materia irradiata sul Pianeta. Partirò pertanto da fenomeni che sono da sempre alla portata dell’osservazione e del sentire comune, come la colorazione del cielo e il contenuto di calore dell’atmosfera e della superficie terrestre. Per quanto possibile, cercherò poi di risalire dai dati di esperienza e memoria di ogni vivente ad un numero piccolo di eventi elementari, che combinandosi in modi diversi nell’ecosfera e, in particolare, nella sottile pellicola di gas, rendono unica e abitabile la Terra.
Basta uno sguardo al cielo per trovare in esso un’enorme varietà di cose, compresi perfino umori e sentimenti. Se andassimo un po’ oltre la curiosità suscitata dal mutare delle colorazioni in atmosfera – o, ancora, oltre lo stupore provocato dal buio trapunto di stelle o, infine, oltre la sorpresa di veder trasformarsi la pioggia in neve ad inizio inverno, saremmo anche in grado di ricondurre l’osservazione del colore e del calore a leggi che – dall’infinitamente piccolo all’infinitamente grande –presiedono al brusco cambiamento climatico in corso. Partiamo dai colori del cielo. La nostra vista è in grado di percepire un campo di colore che va dal viola al rosso e, per di più, di rilevare sia l’assenza di colore (il nero) che la fusione di tutti i colori dell’arcobaleno (il bianco). Quando i raggi del Sole irradiano la materia possono perdere alcuni dei sette colori trasportati e la luce che sortirà ai nostri occhi sarà privata dei corrispettivi componenti.
Andando oltre lo sguardo, tentiamo una descrizione a livello microscopico dei fenomeni di dispersione e assorbimento della radiazione elettromagnetica dello spettro solare, che si può suddividere in “pacchetti” di energia con lunghezze d’onda che stanno nel visibile, ma con una “testa” nell’ultravioletto e una “coda” nell’infrarosso. Quando la radiazione incontra la materia, scambia con essa quanti di energia (fotoni) di una lunghezza d’onda particolare, caratteristica del meccanismo con cui le differenti molecole irradiate vengono eccitate. Sono proprio molecole di gas eccitate che in atmosfera sottraggono allo spettro solare specifiche lunghezze d’onda che provocano il mutamento della colorazione percepita dai nostri occhi. Quando i raggi solari raggiungono l’atmosfera negli strati più alti, le piccole particelle di azoto e ossigeno, assorbono energia dalla regione “forte” dell’ultravioletto, fino, in qualche caso, a scindersi negli atomi costitutivi. Successivamente, lo spettro solare si “disarticola”, scendendo verso terra. La luce rossa tende a “scavalcare” le particelle di sopra senza “vederle” e, quindi, prosegue la sua propagazione lungo la retta dei raggi solari. Invece, la luce blu continua a interagire con le piccole molecole, da cui viene riflessa in tutte le direzioni e sotto tutti gli angoli, assai più di qualsiasi altra componente di colore. I nostri occhi che guardano in tutte le direzioni del cielo, vedono il blu arrivare da tutte le regioni della volta celeste, mentre le altre componenti (verde, giallo, arancione e rosso) “calano” senza deviare dalla linea retta del Sole. L’astro ci apparirà splendente di un oro accecante, mentre il resto del cielo rivelerà il suo colore azzurro cupo in un giorno sereno. L’atmosfera negli strati inferiori potrebbe contenere una elevata densità di grandi molecole come pulviscolo, inquinanti o umidità e frapporre ulteriori ostacoli alla radiazione. Nel caso, ad esempio, di nuvole o nebbia o di particelle di foschia (piccole gocce d’acqua) o di smog, è la luce bianca rimasta ad essere dispersa in tutte le direzioni: il cielo, che resta blu più in alto, assume al di sotto un aspetto lattiginoso. All’alba e al tramonto, invece, il sole colora l’aria di giallo-rosso e, all’orizzonte, diventa una palla rossa. I suoi raggi stanno infatti arrivando alla superficie della Terra dopo aver attraversato la bassa atmosfera, che oltre a contenere molto vapor acqueo e pulviscolo, ha uno spessore ben maggiore dell’atmosfera attraversata dai raggi a mezzogiorno. Incontrando un maggior numero di centri diffusori, anche la componente gialla si sparge, con il risultato che a noi che guardiamo giunge solo il rosso residuo. Sapere cosa avviene nell’ambito microscopico non distrugge il mistero, perché la scoperta è tanto stupefacente quanto possa rendere l’immaginazione di un letterato.
Per arrivare all’effetto serra basta compiere un passo in più. La radiazione solare regola, giorno dopo giorno, anche la temperatura dell’intero Pianeta. Questa volta dobbiamo servirci, oltre che della vista, anche dei sensi che avvertono il calore. Dal complesso atterrare dei raggi solari sul Pianeta, dal loro ripartire e dalla loro interazione con la materia interposta, viene regolato il sistema climatico terrestre, della cui temperatura beneficia la riproduzione del vivente. Con una analogia che padroneggiamo, ci siamo trasferiti dal campo visibile all’infrarosso. In buona sostanza, quando Il Sole manda energia sulla Terra, le molecole più grandi e complesse che compongono l’atmosfera – vapore acqueo, anidride carbonica e metano – assorbono in bande ristrette fotoni infrarossi, che le fanno vibrare o ruotare attorno ai legami che uniscono gli atomi, senza però spezzarle. Qualche tempo dopo, le molecole “eccitate” si “rilassano” trasferendo l’energia extra ad altre molecole e aggiungendo velocità al movimento di quest’ultime. Poiché la temperatura di un gas è una misura della velocità delle sue molecole, il movimento più veloce risultante dopo gli assorbimenti dei fotoni IR aumenta la temperatura dei gas in atmosfera. Senza la contabilizzazione dell’equilibrio dovuto al “rimbalzo” per la presenza di gas che chiamiamo climalteranti, registreremmo una temperatura media di -15°C. Si tratta di un equilibrio naturale che ha reso possibile la vita e la sua riproduzione entro una finestra energetica molto stretta, corrispondente a variazioni di temperatura di pochi gradi. Anche in questo caso abbiamo una corrispondenza col “sentire” del vivente: bastano infatti due gradi di differenza nella temperatura corporea per sentirci bene o ammalati. Ma guai ad ammalarsi senza guarigione!